Bianca Rita Cataldi è una delle autrici italiane che amo di più, ha saputo ammaliarmi con la sua serie fantasy riverside, con la genuinità di waiting room o il mondo femminile descritto in I fiori non hanno paura del temporale. Sono stata quindi felicissima di partecipare al Blog Tour e Review Party organizzato in collaborazione con Harper Collins.
Nella mia tappa, vi parlerò dell'ambientazione del suo nuovo romanzo "Acqua di sole" conducendovi nella Puglia degli anni cinquanta e sessanta.
Pronti a questo viaggio nel tempo?
Il romanzo si apre alla vigilia del capodanno il 1956, a Terlizzi un paese della provincia di Bari in cui vive la famiglia Gentile. Nonni, figli e nipoti, tre generazioni riunite nella "Casa Grande" quella dei nonni, quella dove si trascorrono le feste tutti insieme, dove si santifica il Natale e si saluta il nuovo anno gettando le cose rotte dai balconi.
I Gentile sono una famiglia contadina, che invece dell'orto coltiva fiori, creature della terra con gli stessi ritmi lenti e ineluttabili. La loro è una saggezza antica, proveniente dalle cose più semplici, tramandarsi giocattoli, subire i capricci della natura, osservare la terra che cambia fattezze da una stagione all'altra. La loro è una Puglia sempre uguale, anno dopo anno, fatta di terra che ti si infila sotto le unghie, che macchia la pelle e non se ne va, come un marchio, per quanto tu possa cercare di lavarla via. Soltanto Michele, il bambino più grande, sembra riuscire a evadere da un destino già scritto. A spostare lo sguardo da Terlizzi a Bari, dalla provincia alla città.
Nei suoi sogni più segreti, (Giulio) si vedeva in campagna, più vecchio, con i capelli sempre più bianchi, che insegnava a suo figlio la meraviglia della vita che affonda le radici nella terra e del suo sbocciare; la calma adorante dei girasoli che voltano il capo verso la luce; la pazienza degli alberi che resistono ai parassiti e che permettono al vento di strappare i rami di troppo, quando viene l'inverno; l'utilità degli scarafaggi che distruggono i rifiuti e li trasformano in nutrimento per la terra; la magia di quel ciclo continuo di vita e morte, e di nuovo vita.
Foto trovata in rete. Fonte Wikipedia |
L'autrice ci mostra Terlizzi degli anni '50 con lo sguardo di Michele e dei Gentile. Un paese in cui le auto si vedono ogni morte di Papa (o ad ogni arrivo dei Fiorenza!), in cui il televisore ce l'hanno solo i ricchi e lo spazzino, in cui per vedere Sanremo i bambini affrontano la neve e si nascondono nel giardino della spazzino, per adocchiare le immagini attraverso la finestra. Michele e gli altri si riuniscono abbasc' o vescue, cioè la casa di Comma' Paula, sotto l'appartamento del vescovo, dove la signorina grande si prende cura dei figli di famiglie troppo numerose, ricevendo un piccolo aiuto dalla Chiesa.
"Nel sottano costituito con un soggiorno dal tetto basso, il bagnetto e la stanza da letto" ci dormono in sei, cinque bambini nel lettone al centro della stanza e Comma' Paula nel divanetto in cui c'entra appena, malgrado sia alta un metro e un cecio e poco più. Ma l'accoglienza è sempre calorosa, ci si scambia piccoli tesori (figurine, bottoni, denti caduti da poco) mentre si beve una cioccolata calda e annacquata, simile ad acqua sporca.
Michele abbandona questo mondo rurale e autentico per studiare in città, grazie ai sacrifici di zia Maria, la sua preferita, una sartina senza figli che è lieta di offrire un'occasione a quel nipote tanto intelligente.
E così Michele si ritrova a Bari.
Non aveva mai visto tante automobili tutte insieme, tanti palazzi, tante strade. Anche l'odore era diverso. Terlizzi sapeva di terra, sudore, erba tagliata. L'aria di Bari era più densa, più umida.
...
Bari, la città grande, dove c'erano più soldi, dove c'era il lavoro. Lì, c'erano le auto, quelle vere. A Terlizzi si girava con il carretto o con la bici, se ti andava bene, e se ti andava male c'erano pur sempre i piedi.
Foto del sito: baritantotempofa.it |
Bari la vediamo con gli occhi carichi di meraviglia di Michele, con la sua voglia esplorare la città in cui la gente si parla dai balconi, in cui all'improvviso appare la cupola di una chiesa strana, la chiesa russa. Ma la vediamo anche con lo sguardo ormai abituato dei Fiorenza, loro che a Bari ci vivono da sempre e sono profumieri da generazioni.
I Fiorenza hanno l'auto, la radio, la televisione. Abitano in una casa grande, ma grande davvero, piena di marmi e tappetti, di porte chiuse perché ognuno ha i propri segreti. E poi c'è un giardino che dava l'illusione di essere fuori, invece si era dentro, perchè anche il giardino era parte della casa, della famiglia, di tutta la vita che si svolgeva entro le mura.
L'ambientazione si incrocia, in realtà, con la caratterizzazione dei personaggi. Terlizzi, il paese in cui c'è la vita semplice, "costringe" la famiglia a stare insieme. La terra non si lavora da soli, ci vogliono più braccia, più uomini, si continua di padre in figlio e le donne aiutano come possono, anche se il loro regno resta la cucina che odora di caffè, il salotto in cui si cuce e rammenda, la camera in cui nascono i bambini.
A Bari, invece, il benessere permette uno stile di vita più agiato. Mentre a Terlizzi d'inverno i bambini avevano ancora i calzoncini corti e le dita della nonna tremano di freddo, a Bari le signore "andavano in giro in pelliccia, con un muso di volpe appeso sul seno", invece d'estate si mangiano i gelati e si beve il caffè al ghiaccio.
I Fiorenza sono comunque una famiglia operosa, il nonno profumiere, Adriano che impara il mestiere e tiene il negozio, Mauro si occupa della contabilità. E le donne in casa, donne forse meno evidenti e forti rispetto a quelle dei Gentile, perché nemmeno della cucina si occupano. Persone chiuse nelle proprie stanze della grande casa, arroccate nei propri dolori che spingono per uscire, ma vengono soffocati dalle barriere dell'educazione. Tranne quelli di Betta, che sembra pazza ma forse è la più sana di tutti.
Foto trovata in rete. - La chiesa Russa presente nel libro |
I Fiorenza sono comunque una famiglia operosa, il nonno profumiere, Adriano che impara il mestiere e tiene il negozio, Mauro si occupa della contabilità. E le donne in casa, donne forse meno evidenti e forti rispetto a quelle dei Gentile, perché nemmeno della cucina si occupano. Persone chiuse nelle proprie stanze della grande casa, arroccate nei propri dolori che spingono per uscire, ma vengono soffocati dalle barriere dell'educazione. Tranne quelli di Betta, che sembra pazza ma forse è la più sana di tutti.
A Bari si lavora, di un lavoro che rende di più e con meno fatica, che permette il lusso della vacanza, di una seconda casa a San Cataldo, dove trascorrere l'estate rincorrendo le onde e fermandosi per la controra, quando il caldo è così forte che nemmeno il caffè in tazza lo ferma. E Michele scopre il mare, scortato dall'affetto di Adriano, dalla passione della piccola Teresa e dalla strana attenzione di Vittoria.
Persino l'abbronzatura dei ricchi baresi è diversa, dorata come vedrà Margherita, la madre di Michele, l'abbronzatura gentile di chi si è crogiolato al sole qualche ora, mentre per i contadini la pelle si cuoce di un marrone duro e rossastro, il colore della fatica nei campi.
Persino l'abbronzatura dei ricchi baresi è diversa, dorata come vedrà Margherita, la madre di Michele, l'abbronzatura gentile di chi si è crogiolato al sole qualche ora, mentre per i contadini la pelle si cuoce di un marrone duro e rossastro, il colore della fatica nei campi.
Foto trovata in rete |
"Acqua di sole" è il romanzo di due famiglie italiane di metà secolo scorso, ma è anche un viaggio nel tempo, nella Puglia degli anni cinquanta e sessanta che mi ha emozionata molto. Una parte della mia famiglia viene da lì, rivive pochi commenti all'anno, in storie ambientate tra Bari e San Severo. Le masserie, le università, la Bari bene che ha camminato sullo stesso Corso Cavour che Michele percorre per prendere un gelato, per festeggiare. Origini che, per ora, solo Bianca Rita Cataldi è riuscita a far respirare di nuovo.
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