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lunedì 14 settembre 2020

Review Party: "La proposta di un gentiluomo" di Julia Quinn

E siamo alla fine di quest'avventura Regency, con "La proposta di un gentiluomo" si conclude il blogtour in quattro tappe dedicato al mondo dei Bridgerton, scritto da Julia Quinn.
Non temete, però, oltre allo sceneggiato su Netflix ci sono anche i romanzi dedicati al resto della famiglia, quindi è solo un arrivederci!
Ma, prima dei saluti, devo presentarvi Benedict Bridgerton...


Genere: Historical Romance
Serie: Bridgerton #3
Pagine: 376
Prezzo Ebook: 6,99
Prezzo Cartaceo: 14,00
Edito: Mondadori

Quarta di Copertina:

Sophie Beckett discende da una nobilissima famiglia, ma non ha mai avuto una vita facile. Niente feste, coccole, agi per lei: è infatti la figlia illegittima del conte di Penwood ed è sempre stata trattata come una domestica, soprattutto dopo che il padre, morendo, l'ha lasciata sola con la matrigna e le sorellastre.

Mai e poi mai avrebbe immaginato di partecipare un giorno al celebre ballo in maschera di Lady Bridgerton. Né tanto meno di incontrarvi un principe azzurro che stesse aspettando proprio lei. Eppure, mentre volteggia leggera tra le forti braccia del bellissimo Benedict, secondogenito della famiglia, le sembra quasi impossibile che quell'incantesimo debba dissolversi allo scoccare della mezzanotte. Non dimenticherà mai quella serata, ne è sicura.

Neanche Benedict potrà scordare la sensazione provata danzando con quella sconosciuta.
Chi si celava dietro quella maschera?

Il giovane ha giurato a se stesso che l'avrebbe scoperto, per poi sposarla. Ma quando, anni dopo, conosce casualmente Sophie, che crede una cameriera, il suo proposito vacilla: è giunta l'ora di porre fine alla ricerca della misteriosa ragazza che gli ha rapito il cuore e abbandonarsi a un nuovo sentimento?

Perché certo Sophie non poteva essere al ballo… oppure sì?




Con “La proposta di un gentiluomo” Julia Quinn tenta di coniugare l’intramontabile fiaba di Cenerentola con il genere Historical Romance. Ci sarà riuscita?

La protagonista, Sophie, ha vissuto come un'intrusa in casa propria, tra un padre troppo vigliacco per riconoscerla e una matrigna troppo crudele per provare un po' d'affetto. La bambina non amata è diventata una ragazza da usare a mo' di cameriera, da coprire d'incarichi domestici senza il disturbo di doverla pagare.
Sophie cresce senza sapere bene cosa pensare di se stessa, ma nutre i sogni di tutte le ragazze della sua età: un ballo, un uomo che la corteggi, un avvenire diverso.
E il sogno, come in ogni fiaba che si rispetti, si tramuta in realtà.
Bastano un abito vecchio, dei guanti e un paio di scarpette rubate per introdursi al celebre ballo in maschera dei Bridgerton. Una maschera sottile trasforma Sophie, non lady e non cameriera, in una creatura celestiale con lo sguardo d'angelo e il corpo d'una musa... pronta a ispirare Benedict Bridgerton.
Benedict è pronto a lasciarsi ispirare, a lasciarsi alle spalle la noia del bel mondo, con le sue ipocrisie e la sua superficialità, per vivere una sera perfetta in compagnia di quella ragazza ammantata di mistero, le cui parole sanno essere allo stesso tempo fin troppo franche e terribilmente enigmatiche.
L’incanto tra loro dura una sera e per sempre.
Nè Benedict, nè Sophie dimenticheranno quella notte e resteranno ancorati al ricordo.
Per Sophie il ballo in maschera è un sogno infranto, i cui pezzi sono ancora preziosi anche se taglienti. La matrigna dopo aver scoperto il furto l’ha costretta a scappare di casa, a sopportare un’esistenza ancora più miserevole.
Mentre per Benedict la donna del ballo è l'amore perduto, il volto che cerca in ogni salotto, gli occhi che scruta in ogni signorina del bel mondo. Senza più trovarli.
Peccato che, anche quando se li ritrovi davanti, non li riconosca.

Ce lo siamo chieste un po’ tutte, da bambine, com’è che il Principe non riconosce Cenerentola quando si rincontrano?
Forse possiamo perdonare Benedict se non riesce a conciliare la figura austera di una cameriera con la fata che l’ha ammaliato. Senza la magia di un ballo in maschera, senza lo splendore di un abito da sera, tra di loro resta solo l’abisso del divario sociale, colmato dalle schermaglie verbali di due persone acute, superiori alle differenze di ceto, a caccia di un altro essere umano che li accetti, che scacci la solitudine che entrambi, in modo diversi, si portano dentro.
Benedict è abituato a sentirsi considerato come un Bridgerton, un cognome che da solo basta a definirlo come uomo. È un Bridgerton, che altro c’è da dire?
Perché aggiungere che ama l’arte, che disegna, che è ironico, che ha scoperto l’amore grazie a una ragazza che si è volatilizzata come un sogno, e alla quale per anni è rimasto fedele.

Lui è un Bridgerton e questo basta. Ma è davvero così?
Sarà questo tratto caratteriale di Benedict a disegnare il resto della trama del romanzo.
Il terzo volume dei Bridgerton forse avrebbe voluto essere quello più “favolistico” ed è finito con l’essere quello più drammatico. Perché malgrado la sua intelligenza, la sensibilità e il carattere volitivo, Sophie resta un’illegittima e come tale disapprovata dal bel mondo e, ancora peggio, si presenta come nient’altro che una cameriera.
La servitù si concilia con il sangue blu solo in due modi: per servire o per intrecciare relazioni proibite.
E Benedict finisce con il diventare il primo protagonista Bridgerton non poi così romantico. Un protagonista reale, più che da favola. Perché per lui la passione riesce a superare l’amore (forse illusorio e onirico) per la fata del ballo in maschera, ma non travalica la barriera sociale. Sophie è irresistibile, adorabile, desiderabile, ma non all’altezza. Non è da sposare. 
Il rapporto tra i protagonisti si fa proibito, sofferto ma seducente, pieno di dubbi e allo stesso tempo condito dall’assoluta certezza del bisogno che hanno l’uno dell’altra.



So che le regole della buona società erano nette, crudeli, lasciavano poco spazio al libero arbitrio e forse in questo Julia Quinn ha rispettato l’epoca che descrive, ma ammetto di preferire un altro genere di legame tra i protagonisti. Anche Daphne e Simon hanno avuto i loro trascorsi burrascosi, eppure restava una diversa leggerezza, un diverso sentimento che permeava le loro battute.
Tra Benedict e Sophie è un prendi e molla continuo, un vorrei ma non posso. Tentennamenti, desiderio, amore che potrebbe essere facilmente svelato e invece l’inganno si protrae pagina dopo pagina, fino alla chiusura del romanzo in un modo quasi farsesco e anche un po’ forzato.

Nel complesso, però, la storia di Benedict e Sophie mi è comunque piaciuta. Una contaminazione sperimentale tra fiaba e regency, in cui Cenerentola diventa una cameriera a cui fare una proposta scandalosa e il principe azzurro è uno scapolo d’oro che, in fondo, ha sempre faticato a mostrare agli altri il vero se stesso. L’amore resta salvifico, dalle ingiustizie sociali e dalle paure inconsce, resta magico come un biglietto di sola andata verso il lieto fine.

Una menzione d’onore, però, va a Lady Violet, la matriarca dei Bridgerton. Seppure presente in ogni romanzo, con le sue ansie da chioccia che vorrebbe vedere ogni pargolo sistemato, in questo libro ha uno spazio diverso, diventa il modello di madre che soffre in silenzio ma non troppo, che accetta i figli nei loro errori, che li accoglie sempre perché stanno solo cercando la loro strada per la felicità.
E poi, all’occorrenza, si trasforma in una vera leonessa, anzi in una vera Lady del ton.


Vi rubo gli ultimi due minuti di lettura per ringraziare la Mondadori per l'invio dei romanzi in formato digitale e le mie compagne di BlogTour per aver condiviso questa lunga, ma entusiasmante, esperienza :)
Ora non ci resta che aspettare la serie su NetFlix!

Che dite, la guarderete?
Fatemelo sapere nei commenti.



















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