Il capoluogo campano dopo il fallimento di Galassia Gutemberg, risalente a una decina di anni fa, era rimasto orfano di una fiera del libro. Una città difficile Napoli, dove l'amore per la cultura si scontra con una bassa percentuale di lettori, dove le librerie chiudono e risorgono (si pensi alla lotta per tenere aperti i librai a Port'Alba e alle chiusure delle librerie storiche al Vomero, dove però la cittadinanza ha fondato iocisto, la prima libreria su base associazionistica).
Il comitato promotore era al lavoro da diversi mesi per ridare a Napoli una fiera del libro e il dibattito era vivace su come questa iniziativa dovesse essere realizzata.
Il salone si è concretizzato nei giorni 24-27 maggio, presso l'ex convento di San Domenico, nel cuore del centro storico di Napoli e in uno dei percorsi maggiormente battuti dai turisti di tutto il mondo.
Ho visitato il salone venerdì, nel tardo pomeriggio, pagando un biglietto modesto, di soli 4 euro.
La visita comincia dal cortile, dove sono disposti pochi tavoli per gli avventori del bar. Salendo le scale si accede al primo piano, in cui sono collocati i centodieci espositori.
La prima cosa che salta all'occhio è che questo è un salone orientato alla piccola editoria, a parte Einaudi, non ci sono stand di case editrici con grande diffusione nazionale. Case editrici piccole, spesso specializzate in un determinato settore (ho visto libri fotografici con panorami italiani, oppure pubblicazioni incentrate sull'enigmatico Raimondo di Sangro, piuttosto che saggi e folklore delle isole campane...), dedite ad argomenti eterogenei che rendono piacevole e curiosa la visita ai padiglioni, dove il lettore può lanciarsi alla scoperta di volumi che non avrebbe mai immaginato di trovare. Bisogna dimenticare quasi del tutto i romanzi che siamo abituati a rintracciare sugli scaffali delle librerie, ai primi posti in classifica, per immergersi in un mondo di volumi che le librerie relegano negli scaffali di settore, nel migliore dei casi, oppure che rintracciano solo dietro ordinazione del lettore.
Le grandi case editrici, a parte Einaudi che era presente con uno spazio espositivo, facevano la propria comparsata attraverso alcune delle conferenze. La nave di Teseo era rappresentata da Silvio Muccino, Feltrinelli da Lorenzo Marone, Rizzoli da Chiara Francini...
I grandi nomi sono comunque stati un bene, a mio avviso, perchè in grado di fare da traino al Salone, attirando una fascia di pubblico che forse non avrebbe altrimenti saputo dell'iniziativa o che non se ne sarebbe interessata. Primo fra tutti Maurizio de Giovanni, sempre presente fin dai primi momenti di ideazione del salone, il cui intervento è stato trasmesso in diretta anche sulla pagina facebook dell'organizzazione Napoli Città del libro.
C'era, comunque, un programma fitto di incontri e presentazioni, predisposto dagli editori presenti con i propri stand.
Torniamo a parlare della location. Il complesso monumentale di San Domenico è sicuramente uno scenario evocativo e di grande pregio artistico, ma non so se sia l'ideale per una fiera del libro. Alcuni corridoi, in particolare A-B, erano davvero stretti e, in un momento di maggiore affluenza credo sia stato scomodo visitare gli stand. La sala del capitolo, dove ho assistito a una parte dell'interessantissima presentazione di Silvio Muccino, deve avere un passaggio segreto con il deserto del Sahara. Una sala con poca aria, un caldo infernale peggiorato dai faretti necessari a illuminare il palco.
Gli espositori erano molti, ma è inutile paragonare questa fiera a quelle di Roma o Torino, dove ci sono il triplo degli stand. Comunque, la dimensione rendeva semplice scovare titoli intriganti che, nel marasma di saloni più grandi, sarebbero probabilmente passati inosservati.
C'erano molte offerte per invogliare l'acquisto, sia tramite percentuali di sconto (come da Odoya), che tramite la formula del 3x2. Gli editori mi sono sembrati provati dalla calura, ma comunque tenaci, disponibili con gli avventori e pronti a chiacchierare per far conoscere i propri cataloghi.
L'affluenza l'ho trovata incoraggiante per essere la prima edizione. Venerdì nel tardo pomeriggio c'erano lettori un po' ovunque e non sembravano semplici curiosi, ma effettivamente interessati a portarsi a casa un amico di carta e inchiostro.
La mattina, a quanto ho scoperto dal profilo facebook dell'evento, sono intervenute diverse scolaresche (ma qui mi pongo il problema dei corridoi più angusti).
Tirando le somme, la prima edizione del Salone del libro di Napoli è sicuramente un segnale positivo di ripresa culturale della città. Un'iniziativa incoraggiante e da supportare.
Un evento ricco, non solo dedicato alla carta stampata, ma anche alle altre forme d'arte, dalla poesia, alla recitazione e alla musica.
I "ma", purtroppo, ci sono. Spero che saranno presi come spunti di riflessione e di crescita.
La tempistica.
L'evento è partito con un certo ritardo, a pochi mesi dall'inaugurazione non c'erano ancora informazioni per gli editori interessati a partecipare. Durante la fiera di Roma, ho parlato con alcuni editori che erano invogliati ad aderire al salone di Napoli, ma il ritardo rendeva impossibile per loro organizzare il piano di lavoro.
Le date, poi, talmente a ridosso della fiera torinese hanno suscitato parecchie polemiche. Non solo per gli editori che dovevano partecipare a entrambi gli eventi, ma anche perché generano paragoni di certo scomodi, vedendo l'enorme divario tra i due eventi.
Il luogo.
Il complesso di San Domenico, come ribadito, è di certo uno scenario affascinante, ma temo sia stato anche un po' scomodo. Alcuni lettori si erano già lamentati della fiera organizzata all'ex ospedale della pace, proprio perchè difficilmente raggiungibile.
La verità è che il sogno dei napoletani sarebbe un salone del libro alla mostra d'oltremare, unico luogo con un'area espositiva davvero degna di nota, facilmente raggiungibile e comoda per girare indisturbati tra gli stand.
Certo, sarebbe necessaria un'organizzazione maggiore, oltre a un impegno economico non indifferente, ma speriamo tutti che il salone del libro possa arrivare a questa vetta.
Del resto, Napoli è patria di una delle fiere del fumetto più importanti d'Italia, il Comicon, che viene organizzato proprio alla fiera d'oltremare. Allora perchè non augurarci che anche i libri arrivino a prendere quello spazio?
In conclusione, la prima edizione del salone del libro di Napoli può dirsi un successo, sia di organizzazione sia di affluenza.
Inutile fare paragoni con il SalTo, salone storico, con anni di esperienza e un pubblico di affezionati, o con le esperienze milanesi e romane, troppo diverse per essere comparate, al momento. La speranza, però, è che questa esperienza venga replicata e possa crescere fino a diventare un punto di riferimento per i lettori italiani, soprattutto quelli del Sud, spesso dimenticati dalle iniziative culturali ed editoriali.
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