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lunedì 6 maggio 2019

Recensione "l'atlante dell'invisibile" di Alessandro Barbaglia

Incredibile ma vero, questa vecchia recensione si nascondeva nelle bozze del blog, a coprirsi di polvere virtuale, mentre io ero convinta che fosse già online. Oggi vi parlo del secondo romanzo di Alessandro Barbaglia, uno dei narratori contemporanei più poetici e sorprendenti.

Genere: Narrativa
Pagine:202
Prezzo Ebook: 8,99
Prezzo Cartaceo: 17,00
Edito Mondadori
Quarta di copertina:


Ismaele, Dino e Sofia hanno quarantadue anni in tre quando nel 1989, in una sera di fine estate, rapiscono la luna in segno di protesta. Vivono a Santa Giustina, un lontanissimo paese fatto di baite di legno ai piedi delle Dolomiti che sta per essere sommerso da un lago artificiale, portandosi dietro tutti i loro ricordi, le gare con le lumache, il prato del castagno, i primi baci. Il progetto della diga risale al 1946. Ai tempi, gli abitanti di Santa Giustina non accettarono di abbandonare le loro case per trasferirsi al "paese nuovo" e rinunciarono ai benefici promessi nel caso di una resa immediata. Si avvicina però il momento dell'esproprio definitivo. Proprio negli anni Quaranta si sono conosciuti Elio e Teresa, e precisamente il 19 marzo 1946, in un bar Sport gremito di una folla accalcata per seguire la cronaca radiofonica della prima Milano-Sanremo del dopoguerra. Senza essersi mai visti né incontrati, Elio e Teresa - ormai anziani e da sempre innamorati l'uno dell'altra e del loro paese vicino a Milano - e i quattordicenni Dino, Ismaele e Sofia sono tormentati dalle stesse domande: "dove vanno a finire le cose infinite?", "dove si nascondono l'infanzia, l'amore o il dolore quando di colpo svaniscono?". E se Elio, per rispondere, costruisce mappamondi dalle geografie tutte inventate e sbagliate - descrivendo così la terra magica dove abita l'invisibile e costringendo Teresa a correggere tutto con puntiglioso realismo -, i bimbi di Santa Giustina via via che crescono si allenano a non smettere di scorgere l'invisibile tra le pieghe del reale e a conservarlo a modo loro, in una sorta di gioco segreto. In una danza fatta di immaginazione, ricordo ed elaborazione del lutto, Teresa incontrerà i bambini diventati adulti nella notte più incredibile delle loro vite: quella durante la quale, per pochi istanti di eternità, riemergerà il paese sommerso di Santa Giustina. E con lui l'amore, il dolore, l'infanzia e tutta la meraviglia che si nasconde nell'invisibile.




Santa Giustina non c'è più, ma finché c'era Ismaele, Dino e Sofia ci vivevano dentro, appena sotto le montagne, tra le case abbracciate dai pascoli e di corsa verso il bosco, perché i bambini ancora non lo sanno che la vita corre, eppure tengono il suo stesso ritmo.
Tre amici inseparabili che si appropriano dell'invisibile, perché il suo essere invisibile non è una buona ragione per non rubarlo, per non esplorarlo e condividerlo. Così ne tracciano le linee, nel loro atlante, ma crescendo scopriranno che di invisibile non ci sono solo gatti e folletti, ma che i sentimenti sono la cosa invisibile più tangibile di tutte.
L'amore, la gelosia, la paura li stringe e li allontana con fili di cui all'inizio non si rendono conto.
E poi succede, Santa Giustina finisce giù, nel lago. E per quanto Ismaele, Dino e Sofia non sappiano dove finiscono i sentimenti e le persone quando se ne vanno all'improvviso, sanno che il loro paese, per quanto invisibile, è finito in fondo al lago. Così stringono un patto, la promessa di rivedersi quando il campanile, il bosco e le case torneranno a essere baciati dalla luna.
Non sanno che con loro ci sarà anche Teresa, una donna che ha appena perso l'amore della sua vita, un uomo che viveva in una geografia sbagliata, in luoghi inesistenti e che forse, grazie a quei ragazzini, scoprirà che anche l'invisibile disegnato da Elio, in realtà, aspetta solo di essere scoperto, se osservato con altri occhi.

Alessandro Barbaglia è uno dei narratori più sorprendenti degli ultimi anni.
Tra le sue pagine, i sentimenti hanno ancora la purezza dell'infanzia, la capacità di sorprendere grazie a fantasie che sembrano possibili, all'improvviso.
E poi l'uso delle parole non ha sbavature, non subisce cadute. L'autore sa giocare con il lessico, sa plasmarlo come i bambini con la plastilina, ne trova altre forme, altri utilizzi, fino a che le parole non sfociano in una nuova storia. Magica, irreale, ma comunque in grado di raccontare al lettore il proprio messaggio.

"L'atlante dell'invisibile", per quanto meno avvincente de "La locanda dell'ultima solitudine", riesce a evocare la perdita, di radici e paesi svuotati, di persone amate, di illusioni, ma anche della potenza dell'immaginazione che a volte, senza saperlo, porta sulla strada giusta per ritrovarsi anche nella realtà.

2 commenti:

  1. Ciao! Io ho letto "La locanda dell'ultima solitudine" e devo dire che l'ho davvero apprezzato! Credo che anche questo romanzo potrebbe piacermi :-)

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    1. Ciao Silvia,
      "La locanda dell'ultima solitudine" a me è piaciuto più di questo, non so se sia per questione di ritmo narrativo o di sorpresa, ma anche "L'atlante dell'invisibile" ha il suo fascino. Fammi sapere se deciderai di dargli un'occasione!

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