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mercoledì 17 gennaio 2024

Recensione: "Il gioco della devozione" di S.J. Masters

Non leggo spesso romanzi gialli, ma Il gioco della devozione ha una trama intrigante che mi ha subito attratta.
Mi sarà piaciuto? 
Scopritelo continuando a leggere la recensione!


Quarta di copertina:

L'unico rumore è lo scoppiettare del fuoco e il respiro del mare. Adeline, Rupesh, Steve, Jen e Will sono intorno al falò intenti a fare un gioco. Un gioco, chiamato «La devozione», in cui si giurano amicizia eterna, come solo a quindici anni è possibile. Fino a quando Will non mette tutti alla prova chiedendo se resterebbero suoi amici anche se diventasse un serial killer, descrivendo il modus operandi in cui ucciderebbe le sue vittime. Un silenzio pieno di parole gela l'aria. Ma poi una risata smorza l'atmosfera. Si tratta solo del solito burlone. Eppure, quindici anni dopo, due persone vengono uccise proprio nel modo in cui lo aveva immaginato Will. E quest'ultimo sembra essere scomparso nel nulla. Solo Adeline, Rupesh, Jen e Steve sanno quello che è successo quella sera d'estate, quali scenari sono stati predetti. Solo loro possono unire gli indizi e avanzare un'accusa. Un'accusa contro un loro amico. Fino a che limite si può essere fedeli ad un legame? Fino a che punto un gioco innocente rimane tale? Fino a dove può spingersi la fantasia senza intaccare la realtà? La soluzione è nelle loro mani. Ma devono fare in fretta perché un nuovo gioco è cominciato. Un gioco molto più pericoloso in cui non ci sono regole.



Più o meno tutti noi ci siamo trovati, una volta nella vita, incastrati in una rimpatriata.
Adeline, Rupesh, Steve e Jen si rincontrano la vigilia di Natale nel piccolo paese di provincia in cui hanno trascorso l'adolescenza. Estati bruciate dal sole, con una cappa di afa che si estendeva sui campi e sulle strade poco trafficate, durante le quali la reciproca compagnia era l'unico rimedio alla noia.
Ma resta una sedia vuota al loro tavolo: Will non si è presentato.
Will che è sempre stato quello strano, quello sinistro, quello che durante l'ultimo falò ha raccontato una fantasia macabra. Sarebbe scomparso per un anno e avrebbe compiuto tre omicidi, mascherandoli da suicidi.
Anni dopo, Will è scomparso.
Un po' per gioco, un po' per paura, i quattro amici cominciano a cercare i dettagli di due suicidi che sembrano somigliare in maniera inquietante alla fantasia di Will. E i particolari collimano, stessi posti, stesse modalità.
Quattro detective dilettanti a caccia di un vecchio amico, forse diventato serial killer. Quattro sconosciuti che si ritrovano dopo tanto tempo, che si guardano l'un l'altro con la prospettiva distorta dei ricordi dell'adolescenza.
Vecchie cotte, antichi rancori.
"Il gioco della devozione" incrocia i due piani temporali, vediamo i protagonisti ancora giovani, ognuno racconta un pezzo di storia. L'autore ci fa entrare, anche se per un capitolo appena, nella testa di ciascuno e ogni nuova angolazione fa emergere luci e ombre degli altri, costringendo i lettori a riconsiderare le proprie opinioni.
Ma vediamo anche i protagonisti al presente, adulti, con vite diverse da quelle che avrebbero immaginato. Ma non tutto è cambiato, sotto l'apparenza della comitiva, le vecchie simpatie e inimicizie tornano a scorrere. Il fedele Rupesh, l'impulsiva Jen che non ha mai smesso di rincorrere il sogno della recitazione, il carismatico Steve e Adeline, l'ultima arrivata che ha modificato gli equilibri del gruppo.
Tra di loro, aleggia il fantasma di Will.
Una presenza che getta nel panico e lascia costantemente senza fiato, per l'ansia che colpisca da un momento all'altro.
Perché l'ultima vittima sarebbe stato uno di loro.

"Il gioco della devozione" è un buon thriller, che grazie al doppio piano temporale potrebbe piacere sia a chi ama personaggi più adulti, sia chi non disdegna gli young adult.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati e, malgrado siano numerosi, non c'è mai modo di confonderli. L'uso del punto di vista, che potrebbe risultare spiazzante dato che cambia sia il periodo sia il personaggio utilizzato, l'ho trovato affascinante e contribuisce a dare dinamicità alla narrazione e a stimolare il lettore affinché vagli con attenzione i particolari.
Il ritmo è veloce, ma non proprio serrato, ci sono stati momenti in cui ho pensato che qualche pagina avrebbe potuto essere tagliata.
Il finale non mi ha soddisfatta del tutto, non per la persona colpevole (che ovviamente non vi svelo), ma perché è piuttosto frettoloso, come se proprio in quel punto manchi un capitolo. Peccato!

Comunque, è un gran bel romanzo consigliato a chi ama i thriller, soprattutto quelli ambientati nelle piccole e sonnolente cittadine.

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